Recentemente, i riflettori si sono puntati, a livello mediatico, su un disturbo del quale per troppo tempo non si è parlato: la vulvodinia. Anche grazie alle testimonianze di una nota influencer, si è ricominciato a discutere del dolore silenzioso che colpisce tantissime donne ed è stata presentata perfino una proposta di legge per riconoscerla nei Livelli Essenziali di Assistenza del Sistema Sanitario Nazionale.
Giorgia Soleri, nota influencer celebre anche per essere la fidanzata del frontman dei Maneskin, recentemente, facendo confessioni relative alla sua intimità, ha acceso i riflettori su un disturbo femminile molto spesso ignorato, ma che non è sicuramente raro: la vulvodinia. Si calcola che siano sessantamila le donne che ogni anno vengono colpite da questo dolore persistente nella sfera intima. Lo scorso 3 maggio è stata addirittura presentata alla Camera una proposta di legge per riconoscerla, insieme alla neuropatia del pudendo, ovvero una sorta di corrispettivo maschile del disturbo, nei Livelli Essenziali di Assistenza del Sistema Sanitario Nazionale. La proposta ha trovato un appoggio trasversale in Parlamento ma difficilmente verrà approvata prima della fine della legislatura. Ma almeno si incomincia a parlarne in maniera più consistente.
La vulvodinia colpisce ogni anno circa sessantamila donne nel nostro Paese ed è un disturbo che causa un dolore, o un bruciore persistente, all’ingresso della vagina e nelle zone circostanti. A volte può estendersi fino ad ano, glutei e interno cosce e manifestarsi sotto forma di fitte e scosse. La vulvodinia, nei casi più gravi, si trasforma in un dolore perenne con le quali le donne convivono.
La cosa che contraddistingue la vulvodinia è che non si contraddistingue in nessun modo: non lascia segni, arrossamenti o segnali che possono indurre ad individuarla di primo acchito. Può essere spontanea, o favorita da un contatto, come un rapporto sessuale, ma anche l’inserimento di un tampone. Sebbene possa colpire tutte le donne, dall’adolescenza alla menopausa, attecchisce maggiormente nelle donne fertili.
Non si sa ancora molto sulla sua origine, che non è stata chiarita, ma si ritiene che le cause possano essere diverse. Alcune fisiologiche, come infezioni da fungo, la candida albicans, o una biopsia vulvo-vaginale. Molte donne vittime di violenza sessuale, o comunque costrette a rapporti sessuali non voluti e dolorosi, hanno sviluppato i sintomi della vulvodinia. Persino l’utilizzo di biancheria intima sintetica, indumenti troppo stretti, determinati detergenti intimi ed anche alcuni attrezzi per la pratica sportiva, sono annoverati tra le possibili cause.
Si tratta di un disturbo difficile da accertare, dal momento che la diagnosi può avvenire solo quando vengono escluse tutte le altre cause, ad esempio un’infezione, o una patologia. Spesso associata anche a casi di vaginite, ovvero il dolore durante i rapporti sessuali, di cistite, di dolori mestruali e di sindrome del colon irritabile, dei quali non fa altro che peggiorare la sintomatologia. Come risultato può quindi portare alla contrazione involontaria della muscolatura vaginale e di quella del pavimento pelvico.
Tuttavia, la vulvodinia può essere trattata, non solo per placare i sintomi, ma per farla scomparire in maniera che non rappresenti più un limite al benessere femminile. Il percorso terapeutico può avvenire mediante cure farmacologiche, ma anche per mezzo di ginnastica riabilitativa e fisioterapia per rilassare e controllare le contrazioni muscolari. In certi casi si consiglia anche un percorso di psicoterapia cognitivo comportamentale non solo per intervenire sulle cause psicofisiche, ma anche per aiutare le pazienti ad affrontare al meglio questa condizione, in modo che la loro vita sociale e il loro benessere intimo, non rimangano compromessi in maniera invalidante.